TORNA ALLA CRONACA USA 2013

HOME

APPROFONDIMENTI HOME PAGE

 

su gentile concessione di

www.targhe.com

 

LITTLE BIGHORN NP

 

 

 

 

Il Little Bighorn River (o Little Bighorn, letteralmente "il piccolo Bighorn") è un affluente del Bighorn, un fiume degli Stati Uniti che attraversa gli stati del Wyoming e del Montana.

Pur non essendo un grande fiume, è universalmente conosciuto perché nei suoi pressi, il 25 giugno del 1876, venne combattuta l'omonima battaglia fra i nativi Lakota-Cheyenne ed il 7º Cavalleggeri dell'esercito statunitense comandato dal tenente colonnello George Armstrong Custer. I cavalleggeri, venutisi a trovare in inferiorità numerica, vennero sconfitti nonostante disponessero di un armamento superiore. Il sito della battaglia, che è oggi un'area protetta denominata "Monumento Nazionale della Battaglia del Little Bighorn", si trova a circa 8 km a sud di Crow Agency, sulla sponda orientale del fiume.

La battaglia del Little Bighorn fu uno scontro armato tra una forza combinata Lakota (Sioux), Cheyenne e alcuni Arapaho e il 7º Cavalleria dell'esercito degli Stati Uniti d'America che ebbe luogo il 25 giugno 1876 vicino al torrente Little Bighorn, nel territorio orientale del Montana.

La battaglia fu il più famoso incidente delle Guerre indiane e costituì una schiacciante vittoria per i Lakota e i loro alleati. In realtà parteciparono al combattimento soltanto cinque squadroni del Settimo Reggimento di Cavalleria degli Stati Uniti ("7º Cavalleria"), comandati dal Tenente Colonnello George Armstrong Custer, che furono comunque sterminati quasi fino all'ultimo uomo.

La battaglia del Little Bighorn fu parte della Guerra sulle Black Hills (Colline Nere), territorio di grande importanza mistica e culturale per i nativi Sioux (Lakota), oltre che tradizionale terreno di caccia.

A sua volta, questa fu una conseguenza della Guerra di Nuvola Rossa. Il secondo trattato di Forte Laramie (1868), che concluse quella guerra, stabilì i confini della Grande Riserva Sioux, ma lasciò una vastissima area, comprendente parti del Wyoming, Montana, Dakota del Nord e Nebraska, come terreno "non ceduto", cioè terreno che il governo americano non riconosceva come riserva indiana, ma su cui non pretendeva sovranità. Era una zona in cui gli indiani avevano diritto di muoversi, accamparsi e cacciare, ma di cui gli stessi nativi americani non avrebbero impedito l'uso agli Americani. In realtà nessuna delle due parti firmatarie dell'accordo controllava completamente i suoi uomini. In particolare, gli americani continuavano a credere (erroneamente) che i "capi" dei nativi avessero autorità sui membri della tribù. Negli anni seguenti tutte e due le parti violarono i termini del trattato. Bande Sioux che non accettavano l'accordo tenevano il piede in due staffe, usando le agenzie della Grande Riserva Sioux come base, e continuando le ostilità nei territori non ceduti. I bianchi, a loro volta, fecero emergere un nuovo motivo di tensione nel 1873 con i lavori per la ferrovia Northern Pacific, il cui percorso attraversava un’area che, secondo gli indiani, apparteneva ai territori non-ceduti. Questi incidenti fornirono al governo americano un pretesto per iniziare la guerra delle Colline Nere.

Quando, nel 1874, fu scoperto l'oro nelle Black Hills, numerosi cercatori entrarono illegalmente nell'area, che era chiaramente parte della Grande Riserva Sioux. L’esercito americano inizialmente tentò, senza molto successo, di espellere i cercatori dopo di che riaprì le trattative con Nuvola Rossa e Coda Macchiata, cercando di comprare o affittare quest'area offrendo sei milioni di dollari (circa 121 milioni di dollari attuali) o $400.000 l'anno. Tuttavia non si giunse ad un accordo, sia perché per i capi Sioux l’offerta sembrava irrisoria, sia -e soprattutto- perché bande di Sioux rifiutavano assolutamente ogni concessione. Toro Seduto era il leader più influente di queste bande.

Alla fine del 1875 circa 15000 cercatori d'oro si trovavano abusivamente nelle Colline Nere. Il governo, frustrato dall'impossibilità di risolvere la situazione pacificamente, decise di usare la situazione caotica nei territori non-ceduti per ricorrere alla forza. Ordinò che tutti i nativi americani nei territori non ceduti dovessero recarsi nelle agenzie della Grande Riserva Sioux entro la fine di gennaio 1876, altrimenti sarebbero stati considerati ostili.

Quest’ultimatum era chiaramente assurdo, sia per le difficoltà di viaggiare durante l’inverno per le tribù nomadi, sia perché molti indiani non ricevettero mai materialmente l'avvertimento.

Dopo una deludente campagna invernale, durante la quale il generale George Crook ebbe un scaramuccia non decisiva con un gruppo di nativi, erroneamente creduti Sioux di Cavallo Pazzo (in realtà si trattava probabilmente degli indiani Cheyennes di Vecchio Orso), Sheridan ripiegò su una campagna estiva. Il 30 marzo il Colonnello John Gibbon parti da Fort Ellis in Montana. Il 17 maggio il Brigadiere Generale Alfred Terry lascio Fort Abraham Lincoln in North Dakota e dodici giorni dopo il Generale George Crook si mise in marcia da Fort Fetterman in Wyoming. Tutte e tre le colonne si diressero verso la zona a nord-est delle Bighorn Mountains a sud del fiume Yellowstone. L'esercito credeva che ogni colonna fosse da sola in grado di fronteggiare tutti i nativi americani che si trovavano al di fuori della riserva, stimati tra i 500 e gli 800 guerrieri. Il governo infatti credeva che gli indiani "ostili" fossero solo le cosiddette bande "nomadi invernali", cioè le bande che non accettavano la riserva, come quelle di Toro Seduto e Cavallo Pazzo, e vivevano nomadicamente tutto l'anno. Però, quando finalmente l'esercito era pronto a scendere in campo si era ormai quasi all'estate e molti indiani cosiddetti "nomadi estivi", dopo aver passato l'inverno nelle agenzie delle riserve, stavano raggiungendo i "nomadi invernali" per cacciare nei territori non-concessi, come credevano fosse loro diritto. Per il governo, dopo l'ultimatum di gennaio, tutti gli indiani fuori dalla riserva erano da ritenere ostili. Alla fine di giugno, quando le colonne arrivarono nella zona prefissata, il numero dei nativi da considerare ostili era in realtà salito ad alcune migliaia.

Il 17 giugno, Crook fu attaccato da Sioux e Cheyenne guidati da Cavallo Pazzo e fu costretto a ritirarsi, abbandonando effettivamente la campagna. Il 21 giugno, Gibbon e Terry, quest’ultimo accompagnato dal Tenente Colonnello Custer si incontrarono sul fiume Yellowstone per organizzare le operazioni. George Armstrong Custer era già un personaggio molto discusso, eroe della Guerra Civile, nella quale aveva raggiunto il grado di generale, ma ben conosciuto come impetuoso e indisciplinato. Era anche stato sospeso dalla Corte Marziale per un anno dal grado e dallo stipendio per gravi atti di indisciplina. Inoltre si era inimicato il Presidente U.S. Grant, avendo testimoniato contro il fratello di Grant durante un’inchiesta sulla corruzione nel War Department. Custer dovette letteralmente implorare in ginocchio il Generale Terry per avere il permesso di continuare a restare al comando del suo reggimento, il 7º Cavalleria. Avendo appreso che i nativi si stavano radunando nella valle del Little Bighorn, Terry mandò Gibbon alla foce di questo fiume (affluente dello Yellowstone) con ordini di risalirlo ed ordinò a Custer di scendere a sud risalendo il fiume Rosebud. Una volta incrociata la pista degli indiani, gli ordini erano di continuare a Sud, in modo da portarsi bene a sud degli indiani, dopo di che avrebbe dovuto girare a Ovest, fino ad incontrare il Little Bighorn, da lì seguire il fiume fino ad intercettare i nativi. La cavalleria di Custer avrebbe dovuto attaccare gli indiani solo dopo che la fanteria di Gibbon fosse stata in posizione per bloccare loro la ritirata. Però gli ordini scritti consegnati a Custer erano formulati in modo da consentirgli una certa possibilità di esercitare il suo giudizio.

Custer partì il 22 giugno con l’intesa di arrivare nella valle del Little Bighorn dopo quattro giorni. Invece Custer - ordinando marce forzate - arrivò in vista del villaggio con un giorno d’anticipo. Quando incontrò la pista indiana, invece di proseguire a sud come ordinato, la seguì immediatamente. All'alba del 25 giugno, gli scouts di Custer, Indiani Arikara e Corvi, avvistarono dalla cima del picco Crow's Nest un grande accampamento di nativi. Quando Custer salì a sua volta sulla cima, alcune ore dopo, l'accampamento non era più visibile, probabilmente a causa della diversa posizione del sole e della limpidezza dell’atmosfera. Pertanto Custer non aveva una chiara idea né della posizione esatta, né della dimensione del villaggio.

Custer raggiunse il suo bivacco e da qui scese verso valle e divise il reggimento: un errore fatale.

Per comprendere la mossa di Custer, va rilevato un elemento comune a tutte le guerre indiane fino a quel momento: le tribù nomadi, non avendo città o beni immobili da difendere, preferivano fuggire quando le circostanze non erano in loro favore. Custer aveva diretta esperienza, sia negativa che positiva, in questo campo. Nella campagna del 1867, al comando del generale Hancock, aveva inseguito inutilmente per quasi tre mesi i Cheyenne, dopo che questi, sentendosi minacciati, avevano abbandonato il loro villaggio sul fiume Pawnee Fork. D'altra parte, il suo grande (e unico) successo nelle guerre indiane era stato ottenuto proprio l’anno successivo, quando aveva circondato ed attaccato di sorpresa il villaggio Cheyenne di Caldaia Nera sul fiume Washita.

La preoccupazione maggiore di Custer, mentre si avvicinava al villaggio sul Little Big Horn, era che i nativi scoprissero la sua presenza e fuggissero. Il suo obiettivo era probabilmente di ripetere la sua tattica della battaglia del Washita, cioè circondare il villaggio e contenere i nativi. Però, alcuni ragazzi nativi trovarono una scatola di gallette caduta da uno dei muli che trasportavano le salmerie del reggimento. Uno dei ragazzi fu ucciso dai soldati, ma un altro riuscì a scappare. Temendo che questi desse l’allarme al villaggio, Custer accelerò imprudentemente la sua azione (per ironia della sorte, il gruppo a cui questo ragazzo apparteneva raggiunse il villaggio quando Custer era già morto).

Quando era ancora a venticinque km dal villaggio (le distanze sono ovviamente approssimative; non esistevano strade o sentieri e una distanza stimata su una mappa era molto più corta del percorso su e giù o intorno alle colline o seguendo i meandri del fiume) Custer divise il reggimento in quattro colonne: lui stesso con cinque squadroni (211 uomini), Benteen e Reno con tre squadroni ciascuno (115 e 141 uomini rispettivamente), e McDougall con 128 uomini per scortare le salmerie.

Benteen fu il primo a separarsi. A circa ventuno-ventidue km dal villaggio, Custer gli ordinò di spazzare l’area a sud traversando un crinale dopo l’altro e attaccare qualsiasi nativo avesse incontrato. Questi ordini erano estremamente vaghi (il capitano, chiamato a testimoniare all’inchiesta che seguì la sconfitta, dichiarò che gli fu ordinato di andare “a caccia di valli ad infinitum”). In effetti, così facendo, Custer tagliò i contatti con il 20% del suo comando. Quando la pista degli indiani raggiunse un ruscello (oggi chiamato Reno Creek) affluente del fiume Little Big Horn, Reno e Custer continuarono ad avanzare in parallelo, Reno sulla riva sinistra e Custer sulla destra. Davanti a loro, un gran polverone indicava che gli indiani erano relativamente vicini, ma nessuno aveva un'idea chiara della posizione e grandezza del villaggio. Custer ordinò a Reno di guadare il fiume, e attaccare il villaggio, con la promessa che sarebbe stato appoggiato da tutto il comando. Reno avanzò al trotto, convinto che Custer l’avrebbe seguito per garantirgli il sostegno promessogli, ma Custer virò sulla sinistra salendo sulle colline sovrastanti il fiume. Sia Reno che Benteen testimoniarono che, nella loro opinione, Custer non avesse un piano, ma si può concludere che intendesse aggirare il villaggio ed evitare la temuta fuga dei nativi. C’erano però fondamentali differenze tra il suo comportamento freddo e calcolato al Washita e quello impetuoso ed erratico al Little Big Horn. Al Washita, pianificò con cura l’accerchiamento, comunicò il suo piano ai subordinati e soprattutto prese in considerazione il tempo necessario alle truppe per raggiungere i posti a loro assegnati. Al Little Big Horn, ordinò a Reno e Benteen di eseguire immediatamente i loro ordini. Se il suo piano era di accerchiare il villaggio, avrebbe dovuto ordinare a Reno di aspettare almeno un’ora prima di attaccare, dandogli il tempo di percorrere i sette-otto chilometri di terreno accidentato necessari per circondare il villaggio. È molto probabile che Custer non si fosse reso conto delle dimensioni del villaggio. Esaminando la cronologia della battaglia, si nota che le quattro parti del reggimento erano troppo lontane per aiutarsi a vicenda. Bisogna tenere conto che i cavalli erano già stremati dalle lunghe marce forzate e che il terreno era collinoso. Realisticamente, potevano coprire solo 8-10 chilometri l'ora, al massimo.

Dopo aver avanzato per 4–5 km Reno finalmente avvistò il villaggio e attaccò come ordinato, ma i nativi, invece di fuggire, contrattaccarono in forze. Reno fermò la carica e ordinò ai soldati di scendere da cavallo e formare una linea di difesa. In questa manovra, un quarto della sua forza fu ritirato dallo scontro, perché un soldato su quattro era incaricato di badare ai cavalli. Reno, prudentemente, ancorò il suo fianco destro su un boschetto di pioppi che crescevano sulla riva sinistra del fiume, ma la riga dei soldati era troppo corta per sbarrare la valle in tutta la sua larghezza e gli indiani aggirarono l'ala sinistra e cominciarono ad attaccare i soldati alle spalle. Reno ordinò una ritirata nel boschetto. Da qui, apparentemente preso dal panico, ordinò una seconda, caotica ritirata attraverso il fiume e su per le scarpate della riva opposta. Arrivò su una altura con metà dei suoi uomini, gli altri furono uccisi, feriti o rimasero nascosti tra gli alberi, incapaci di guadare il fiume. Lì Reno rimase assediato fino al giorno dopo.

Custer, nel frattempo, divise ancora una volta il suo comando in un'ala sinistra, però questa volta continuò a seguire il crinale a nordest del villaggio, cercando un posto per scendere, attraversare il fiume e attaccare il villaggio dal lato Nord. Quando finalmente vide il villaggio da vicino, si rese conto che aveva bisogno sia di più uomini che di più munizioni. Mandò il trombettiere John Martin (Giovanni Martini) a cercare Benteen e ordinargli di raggiungerlo e portare i muli con le munizioni e le provviste: poiché Martin -che era di origini italiane e si trovava in America soltanto da 2 anni- non parlava ancora bene l'inglese, il tenente Cooke, aiutante di Custer gli diede precisi ordini scritti che furono esibiti nell'inchiesta successiva alla battaglia.

Martin aveva solo una vaga idea di dove si trovasse Benteen. Prudentemente, il tenente Cooke gli aveva ordinato di mantenersi sul sentiero e ripercorrere il percorso del reggimento. Questo significava che Martin avrebbe potuto cavalcare per ore verso il punto dove il reggimento si era diviso e poi seguire le tracce lasciate da Benteen.

Benteen si era però stancato presto di andare “a caccia di valli all’infinito” e aveva già virato a destra per ricongiungersi con Custer e Reno, perciò incontrò Martin circa 25 minuti dopo che questi aveva lasciato Custer. Il compito di portare le munizioni era problematico, perché la carovana di muli che le portava era ancora più indietro e marciava ancora più lentamente. Per di più i pacchi sui muli cominciavano ad allentarsi e cadere. Tuttavia, Benteen si avviò verso Custer, come ordinato. Dopo venti minuti avvistò Reno assediato sulla collina. A questo punto decise fosse più opportuno restare con lui e difendere la posizione sulla collina.

Custer intanto aveva finalmente ingaggiato battaglia con i nativi. I suoi movimenti possono essere solo ricostruiti approssimativamente, sulla base delle testimonianze dei guerrieri nativi (spesso confuse) e dalla posizione dei morti e dei bossoli delle cartucce. Si crede che Custer abbia mandato in avanscoperta il Capitano Yates con due squadroni per esplorare Medicine Tail Coulee, un canalone che portava ad un guado del fiume. È possibile che poco dopo Custer stesso lo abbia seguito. In ogni caso, al guado, cinque guerrieri Cheyenne e cinque Sioux offrirono resistenza sufficiente per ritardare l’avanzata e dare tempo ad altri nativi di arrivare in forze. È anche possibile che Custer si sia accorto che stava attaccando il villaggio nel suo mezzo, non all’estremità nord, come intendeva. In ogni caso, la carica fallì e il contingente risalì sulle colline, continuando a spostarsi verso il nord, questa volta incalzato da centinaia di indiani guidati da Gall (Fiele). Il battaglione cominciò a disunirsi, come indicato dai corpi dei caduti che furono trovati lungo il percorso della ritirata. Apparentemente le varie compagnie cercarono individualmente un posto per organizzare una resistenza. Cavallo Pazzo attaccò Custer dal Nord fermandone la ritirata. Preso tra queste due cariche, Custer si fermò, smontò gli uomini che gli rimanevano, formò un quadrato e cercò di resistere, ma inutilmente. In meno di mezz’ora tutto il suo comando fu annientato. Non possiamo sapere se Custer sia stato l’ultimo a morire, come vuole la leggenda, o sia stato tra i primi. Lo scrittore David H. Miller, che visse tra i nativi e intervistò molti partecipanti alla battaglia, suggerisce che Custer sia stato colpito alla base di Medicine Trail Coulee e successivamente portato sul luogo dell’ultima resistenza morto o morente.

Quando Reno e Benteen, sempre assediati sulla collina, sentirono i colpi di arma da fuoco provenienti da Custer, effettuarono un tentativo di ricongiungersi con lui, soprattutto perché un ufficiale del comando di Reno (il capitano Weir) prese l’iniziativa, ma senza successo. In effetti, Reno aveva poca scelta, avendo 53 feriti, niente acqua, munizioni limitate e ancora centinaia di nativi che lo assediavano (anche se molti di loro avevano abbandonato l’assedio per partecipare alla battaglia contro Custer). Quando la colonna di McDougall finalmente arrivò con i rifornimenti Custer era già morto.

12:00: Custer divide il reggimento

13:20: Custer e Reno continuano verso il villaggio. Benteen lascia la pista e comincia a esplorare l’area a sud.

14:15: Custer ordina a Reno di trottare verso il villaggio, che è ancora a circa 4,5 km di distanza, e attaccare

14:53: Reno attraversa il fiume e dispone le truppe per l’attacco

15:03: Custer sale sul crinale a nord del villaggio. Reno comincia la carica, Benteen abbandona l’esplorazione edecide di riunirsi al reggimento.

15:15: Benteen raggiunge il sentiero percorso dal reggimento. Custer e Reno sono passati per questo punto circa un’ora prima.

15:18: Reno, preoccupato dal numero degli indiani davanti a lui arresta la carica e ordina alle truppe di combattere a piedi.

15:28: Custer, dalle colline, osserva Reno impegnato dagli indiani

15:32: Reno si ritira tra gli alberi, McDougall raggiunge la pista, 15 minuti dietro Benteen

15:34: Custer ordina a John Martin di raggiungere Benteen

15:53: Reno lascia il riparo degli alberi dirigendosi verso un’altura

16:00: Benteen incontra John Martin con gli ordini di Custer

16:06: Benteen vede Reno assediato sull’altura

16:16: Custer manda il Cap. Yates con due compagnie verso il villaggio e aspetta sulle colline

16:20: Benteen si ricongiunge con Reno

16:27: Custer scende dalle colline per raggiungere Yates (evento controverso, basato su ipotesi)

16:46: Custer si ricongiunge con Yates (evento controverso, basato su ipotesi)

16:55: Custer scambia intensa fucileria con i nativi (probabilmente è un segnale per Reno e Benteen)

17:10: Ultimi colpi sparati dal comando di Custer.

17:25: McDougall raggiunge Reno e Benteen. Custer e il suo comando sono già morti da alcuni minuti.

L'azione fu una sconfitta e un massacro, a seconda dei punti di vista. I nativi furono attaccati e combatterono con successo per difendere il loro villaggio. La loro cultura e le loro circostanze non prevedevano la cattura di prigionieri. La mutilazione dei cadaveri fu portata a termine solo dopo la battaglia, secondo la tradizione e le convinzioni dei nativi. Tuttavia, dal punto di vista americano o europeo, il fatto che a nessuno fu data la possibilità di arrendersi e che i feriti furono uccisi mentre chiedevano pietà sembrava incompatibile con il concetto di una guerra “civilizzata”, concetto del resto non rispettato innumerevoli volte dai bianchi stessi.

La ritirata di Crook dopo la battaglia al Rosebud probabilmente ebbe un ruolo decisivo: se Cavallo Pazzo e i suoi guerrieri fossero stati sconfitti o almeno trattenuti più a lungo al Rosebud l'esito al Little Bighorn sarebbe potuto essere diverso.

Tra i pochi soldati sopravvissuti allo scontro vi sarebbero stati vari italiani, tra cui l'unico scampato della colonna di Custer, John Martin (nome di nascita Giovanni Martini, 1853-1922)[2], un giovane emigrato, ex tamburino garibaldino nella campagna in Trentino del 1866 e a Mentana nel 1867, che faceva il trombettiere per Custer. A John Martin/Martini lo stesso Tenente Colonnello ordinò di correre a chiedere aiuto al capitano Benteen, ordine che gli salvò la vita.

Tra gli ufficiali della colonna di Reno vi fu invece il conte Carlo Di Rudio (1832 - 1910), che Reno chiamava con disprezzo "il conte che non conta", un mazziniano bellunese costretto all'esilio per la sua partecipazione al fallito attentato contro Napoleone III di Francia, Durante la ritirata di Reno, rimase intrappolato nel boschetto dove restò per 36 ore, ricongiungendosi con Reno solo quando la battaglia era praticamente finita. Felice Vinatieri (1834-1891), musicista e compositore di origine torinese, era il direttore della banda musicale del battaglione, ma la banda non partecipò alla battaglia e rimase a Fort Lincoln.

I soldati italiani che sono noti per avere preso parte alla battaglia furono Giovanni Martini (trombettiere), Carlo Di Rudio (tenente), Agostino Luigi Devoto, Giovanni Casella.

 

Nel film Il piccolo grande uomo di Arthur Penn, tratto dall'omonimo romanzo di Thomas Berger, il protagonista Jack Crabb racconta la sua vita e le vicende avvenute durante la battaglia del Little Bighorn a cui partecipò al fianco del generale Custer nel Settimo cavalleggeri di cui fu l'unico superstite.

 

(Notizie dalla rete)

 

 

TORNA ALLA CRONACA USA 2013

HOME

APPROFONDIMENTI HOME PAGE